MusicaInternet sta cambiando le canzoni?

Maggio 17, 2021by Prico Musica1

di Prico

Raramente una forma d’arte si è potuta identificare con una struttura. La canzone è ormai diventata sinonimo di musica, ma com’è fatta? Scopriamolo insieme e vediamo come sta cambiando…

 

Il ‘900 può essere definito, a ragione, il secolo della canzone.
Le trasformazioni sociali, i mezzi di comunicazione di massa ne hanno sancito il successo.
Generalmente la struttura è: Strofa – Ritornello oppure Strofa- Bridge – Ritornello

Ogni sezione, ha una funzione dedicata:

– la strofa introduce l’atmosfera e ci guida nella storia,

– il bridge (se presente) accelera e ci prepara al ritornello

– il ritornello fa esplodere il brano.

Ci si conceda un parallelismo illustre: l’alternanza recitativo – aria, ricorda molto quella strofa – ritornello.
Immaginiamo che i puristi storceranno il naso, ma riferirsi al mondo classico è utile perché, in molti casi, gli artisti (soprattutto quelli degli anni 70) si sono rifatti a strutture o nomi derivati da questo mondo. Pensiamo alle Suite dei Pink Floyd, o alle Bourèe dei Jethro Tull.
Ad ogni buon conto, gli anni della sperimentazione e cioè quelli a cavallo tra gli anni 60 e 70 hanno visto numerosi esperimenti interessanti. I brani non avevano una lunghezza stabilita e capitava spesso che venissero pubblicati singoli da 6, 8 o 10 minuti! A tal proposito rimandiamo sempre ai Pink Floyd, che con Echoes (24 minuti!) stabiliscono un record.

Proporre oggi un brano anche solo di 8 minuti sarebbe un suicidio discografico. Sono cambiate tante cose:
-la musica è più diffusa. Ci accompagna in ogni momento della giornata e di conseguenza deve richiedere meno attenzione.
-il contesto storico è cambiato, il valore sociale della musica non è più lo stesso
-l’età media si è abbassata molto. Lo zoccolo duro del mercato oggi è rappresentato dai giovanissimi
-le produzioni non hanno quella forza economica né soprattuto quella visione

Questo fenomeno, associato allo sviluppo delle piattaforme digitali (youtube e spotify in primis) ed alla serie di fenomeni distrattivi connessi, sta portando alla trasformazione della struttura della canzone.

Un brano di successo, oggi, deve riuscire a catturare l’ascoltatore in pochissimi secondi e riuscire a tenerlo agganciato per il resto della canzone (o per almeno 30 secondi – limite superato il quale youtube paga).

Forse è per questo che negli ultimi anni si va consolidando, nella struttura canzone, la forma bipartita: una sorta di ritornello che attacca subito, seguita da una sezione di carattere generalmente ripetitivo e strumentale (We found love di Rihanna, Bad Guy di Billie Eilish sono degli esempi), il tutto impacchettato nei 3 minuti.
Voglia di sperimentare sparita quindi? Assolutamente no. Molti artisti, spesso electronic-based, sperimentano con suoni e sezioni proponendo nei loro brani delle soluzioni che potremmo definire multiritmiche. In un brano ci sono 3 o 4 microsezioni diverse. Gli appassionati di musica, potrebbero far notare che frequenti cambi di ritmo ed atmosfera, erano presenti per non andare troppo indietro, già nel prog rock. La durata però, e l’intenzione generale erano, inutile a dirsi, enormemente diversi.

Un’altra sezione che si sta perdendo è quella dell’ assolo.
Immancabile nelle produzioni dei gruppi, oggi relegati a brevi riff, nel migliore dei casi. E’ tutto perduto quindi?
Non necessariamente. Se da un lato assistiamo ad un adeguamento alla forma standard, che ha come unico obiettivo quello di far incassare view e like, dall’altro l’esplosione dell’internet e la conseguente contaminazione possono permettere a chi ha le antenne di recepire molti più stimoli, e creare un prodotto che possa unire il sacro e profano, l’arte e la moneta, a patto però che gli sia concesso di farlo. Noi siamo fiduciosi e ci auguriamo che, in un futuro non troppo lontano, una nuova generazione di interpreti, cantautori, musicisti, saprà innovare ed andare oltre i 30 secondi per regalarci brani che durino per l’eternità.

 

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